Saignon, per fuggire dalle “follie” del mondo

Saignon è un delizioso borgo, abbarbicato su un promontorio roccioso che domina la vallata del Calavon. Con poco più di mille abitanti, Saignon è uno di quei siti ideali per chi ricerca tranquillità e ritmi di vita immersi in una sorta di atavico passato. Un luogo perfetto, isolato, per fuggire dalle “follie” di una società che si sta auto-distruggendo a livello culturale e ambientale.

Anticamente, grazie alla posizione privilegiata e strategica, le alture rocciose della zona circostante Saignon erano punti d’osservazione della vallata e si ritiene che potessero servire per trasmette segnali. Da qui l’origine del nome del borgo, da “signum” poi Sagnio, diventato Saignon. Le case, la maggior parte costruite con pietra, rivelano una storia un tempo gloriosa. Nel XII secolo il borgo contava tre castelli, chiamati Majeur, Méjean e Grigière. Di questa epopea ormai lontana rimangono vestigia arroccate sul promontorio di Bellevue. Da qui si ammira un panorama straordinario sulla pianura e le montagne circostanti.

Suggestiva anche la piazza dominata al centro da una bella fontana esagonale, realizzata da Elzéar Sollier, con due statue simboleggianti l’Agricoltura e l’Abbondanza; intorno vi è il lavatoio pubblico e pregevoli abitazioni risalenti a epoche tra il XII e XVIII secolo, ricoperte di piante di edera, che si trasformano in una tavolozza dalle calde tonalità nei mesi autunnali. Imponente, tra le case di pietra si erge la chiesa di Notre Dame de Pitié, in stile romanico, un tempo luogo di pellegrinaggio per chi si recava a Roma passando per l’antica Via Domitia; anche i pellegrini diretti a Compostela vi si fermavano.

A Saignon, tra poche boutique e atelier, si scorge talvolta un anziano personaggio d’antan, accanto alla sua casa non distante dalla chiesa, che propone ai passanti rametti essiccati di lavanda e oli essenziali. Saignon, come Oppède, è stato abbandonato nel corso del Novecento da molti dei suoi abitanti, ma è diventata residenza o seconda dimora di inglesi e di parigini desiderosi di trovare un rifugio dai tumulti della metropoli.

Fu a Saignon che si rifugiò, negli anni ’50, lo scrittore franco-argentino Julio Cortázar, allontanatosi dalla sua terra natia in opposizione al governo di Peron. Cortázar appoggiò la Rivoluzione cubana. Come scrittore sviluppò un suo personalissimo stile, tra surrealismo e fantasia, diventando uno dei più importanti precursori del cosiddetto “libro-gioco” grazie all’opera di successo Marelle.

Saignon è in effetti un borgo per anime visionarie e poeticamente anticonformiste.

Testo e foto di Silvia C. Turrin

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Alla scoperta di Oppède le Vieux

È un villaggio che sembra essere rimasto sospeso nel tempo. A Oppède le Vieux, il frastuono e la frenesia di tante città non esistono. Tutto conduce a una profonda quiete.
Le sue origini risalgono all’epoca medievale, sebbene vi siano ipotesi di un preesistente oppidum più remoto. Questo borgo, situato nell’incantevole zona del Luberon, a soli 30 minuti da Cavaillon e distante pochi chilometri dalle graziose cittadine di Lacoste e di Ménerbes, è arroccato su una collinetta immersa nel verde. Da qui la denominazione di village perché. Per raggiungerlo si parte dalla parte pianeggiante, attraversando Oppède “inferiore” dove, nel corso dell’800, si trasferirono gran parte degli abitanti del vecchio villaggio.

Dalla zona di Oppède-les-Poulivets si procede salendo, fino ad arrivare a un piccolo parcheggio, dove, in alta stagione turistica, se si giunge in auto si paga una modica cifra al custode. Da qui inizia un facile percorso che permette di addentrarsi nella foresta, e tra un passo e l’altro si conoscono le specie vegetali presenti nel territorio. Questa scoperta della vegetazione locale è facilitata da una serie di cartelli segnaletici che indicano il nome di erbe e piante: tra queste troviamo il rosmarino, il ciliegio, il ligustro comune, il sorbo montano, il pioppo bianco, la ginestra e l’albero della nebbia.

Man mano che si sale si arriva all’area di Sainte-Cécile, un tempo luogo utilizzato per la trebbiatura (la battitura dei cereali con cui si separano i semi dagli involucri della spiga). Il cammino permette di entrare nella storia del luogo. Oppède le Vieux un tempo fu fortezza medievale edificata su uno contrafforte roccioso. Durante la bassa stagione turistica, il borgo appare semideserto, popolato da gatti, qualche visitatore e pochissimi abitanti. Qui parlano le pietre grigie delle case e le rovine di molti edifici.

Il villaggio ha in sé un fascino singolare. Costruito a 240 metri di altezza su un promontorio, Oppède è per gli animi romantici, per chi cammina a passo lento e vuole respirare atmosfere antiche. Il passato di questo luogo si rivela pienamente salendo dalla piazza centrale verso il castello feudale, costruito dal conte Raymond VI di Toulouse. La storia di Oppède sembra quella di altri borghi simili, abbandonati poiché posizionati su un’altura, quindi lontani dalla cosiddetta civiltà. La parte nuova di Oppède, nel fondovalle, è anonima e priva di particolari attrazioni, ma la zona vecchia conserva una bellezza suggestiva e pittoresca.

Attorno alla piazza centrale le case in pietra sono state riqualificate, ma ancora molto c’è da fare per restaurare la parte nord del vecchio villaggio. A cominciare dalla collegiale Notre Dame Dalidon, edificata tra i secoli XI e XVI su un contrafforte di pietra da cui si ammira il panorama della valle di Coulon e la cittadina di Ménerbes. La collegiale, inclusa in un ampio progetto di ristrutturazione, è chiamata Dalidon, nome che verrebbe dal latino dolidus che significa “dolore”. Inoltrandosi nelle viuzze e salendo su pioli in pietra, talvolta precari, si scopre questo antico borgo, che sembra essere stato scolpito nella roccia, immerso nel Parco naturale regionale del Luberon.

Testo e Foto di Silvia C. Turrin

Rustrel, il Colorado Provenzale

Ci sono luoghi dove a parlare è la natura attraverso i suoi colori. Rustrel, altrimenti noto come Colorado Provenzale, è uno di questi luoghi…

Descriverlo a parole è limitante. Difficile essere davvero esaustivi.

Rustrel è un piccolo villaggio a pochi chilometri da Apt, nel Luberon. Attira sempre tanti turisti perché alla sua periferia si trova il famoso circuito naturalistico. Gestito da un’associazione di privati, il Colorado provenzale di Rustrel è caratterizzato dalle varie sfumature delle ocre. Un gioco di colori che va dal rosso acceso al giallo paglierino al bianco avorio.

Si accede dal parcheggio a pagamento (le tariffe dipendono dal mezzo con cui si giunge; il costo è di 5 euro per le auto; 2 euro per le moto) situato alle porte del villaggio. Difficile evitare di parcheggiare altrove, nelle vicinanze, poiché da marzo 2016 il Comune ha installato nuovi cartelli di divieto di sosta.

Appena entrati è meglio recuperare la mappa del Colorado, in modo da selezionare l’itinerario più idoneo, in base al tempo a disposizione e in base alla voglia di camminare…

Ci sono 3 circuiti: quello della durata di 3 ore ed è il sentiero più completo; un altro della durata di 2 ore e l’altro, quello più semplice e maggiormente frequentato, è lungo quasi 3 chilometri e il tempo indicativo di percorrenza è di circa un’ora e mezza.

Al di là dell’itinerario prescelto, il Colorado è sinonimo di puro divertimento e incanto, anche per gli adulti.

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Si può salire sulle dune di ocra colorata e ammirare un paesaggio surreale, selvaggio, a tratti desertico. Un ambiente che riporta la mente a un tempo antico, quando l’uomo sfruttava in modo saggio la natura, senza distruggerla o deturparla.

Il Colorado Provenzale è mutevole. Per effetto del vento e della pioggia cambia le sue forme e le sue colline d’ocra. L’Associazione che lo gestisce cerca di preservarlo, ma anche questo è un ambiente delicato.

Purtroppo tante persone non lo capiscono e si divertono a scrivere i loro nomi sulle pareti di ocra colorata come fossero di loro proprietà, non pensando che questo luogo è patrimonio di tutti.

Il Colorado Provenzale è un’opera d’arte modellata dagli elementi della natura.

Divertiamoci sulle colline rosso-ambrate, ma rispettiamole in quanto bene collettivo e fragile.

Silvia C. Turrin

Maggiori Info: http://www.colorado-provencal.com