5 tappe in Provenza per celebrare i 150 anni dell’Impressionismo

Nel 2024, si celebrano i 150 anni della prima esposizione a Parigi interamente dedicata all’Impressionismo. Un movimento che taluni, oggi, nell’epoca dell’arte digitale e dell’effimero, considerano superato, definendolo ancorato al classicismo. Come per ogni fenomeno, dipende dall’angolazione da cui lo si guarda.

All’epoca del suo sviluppo, ovvero la seconda metà del XIX secolo, il movimento impressionista rivoluzionò la storia dell’arte e le rigide regole stabilite dal “Salon officiel” e dall’Accademia delle belle arti.

Iniziatori di questa trasformazione in campo pittorico furono Claude Monet, Alfred Sisley, Auguste Renoir, Camille Pissarro, Edgar Degas, Berthe Morisot e Paul Cézanne, inizialmente ispirati dal quadro “Colazione sull’erba” di Manet, che non abbracciò, alla fine, il progetto di Monet e compagni. Progetto che si concretizzò effettivamente il 15 aprile 1874, al 35 del boulevard des Capucines, quando un gruppo di trenta artisti – tra cui i già citati Monet, Sisley, Renoir, Pissarro, Degas, Morisot e Cézanne – presentarono le loro creazioni tramite un’esposizione indipendente da loro organizzata presso l’ex atelier del fotografo Nadar. Un evento eccezionale che, lì per lì, suscitò ancora critiche da parte della maggior parte degli “esperti d’arte” ufficiali e che non permise ai pittori che vi parteciparono di vendere le loro opere. Eppure, fu un evento storico, uno spartiacque non solo a livello artistico. Aprì le porte all’Impressionismo.

Vi chiederete: perché parlare di questo tema, seppur entusiasmante, in uno spazio dedicato alla Provenza?

Come molti di voi sapranno – e come molti avranno già letto in alcuni post pubblicati proprio qui –, numerosi artisti, tra cui quelli legati al movimento Impressionista, nel loro flusso creativo sono stati ispirati dalla luce e dai paesaggi provenzali.

Anche noi, dunque, desideriamo celebrare i 150 anni di questo rivoluzionario movimento artistico compiendo un viaggio in quei luoghi dove è possibile approfondire il legame tra pittori Impressionisti e Provenza.

Prima tappa, Cagnes-sur-Mer: Auguste Renoir

In realtà, nella prima tappa del nostro itinerario non ci troviamo nella “vera” Provenza, ma in Costa Azzurra, tra Nizza e Cannes. È qui, che Auguste Renoir, ormai artista già rinomato (tanto da ricevere il prestigioso riconoscimento di cavaliere della Legione d’onore), trovò quei giochi di luce che ricercava per le sue tele. Nel 1908, Renoir si trasferì presso il domaine chiamato Collettes, circondato da una natura ricca e straordinaria.

Paysage aux Collettes (Musée d’Orsay – http://www.cagnes-tourisme.com)

Il paesaggio è incantevole, avvolto dai cromatismi del mare – all’orizzonte c’è Cap d’Antibes – e dai colori scintillanti degli ulivi e di tante varietà floreali. Qui Renoir era avvolto dagli elementi – terra, acqua, aria, sole – e poteva riprodurre le sue “impressioni” en plein air. Il clima favorevole mitigava, almeno in parte, i dolori legati all’artrite reumatoide che deformò mani, braccia e spalle del pittore nato a Limoges il 25 febbraio 1841.

Malgrado la sofferenza, a Cagnes-sur-Mer Renoir realizzò ancora diverse tele, tra cui “Le bagnanti”, e si dedicò persino alla scultura. Si spense il 3 dicembre 1919, nella sua magione a Cagnes-sur-Mer.

la casa-museo di Renoir al domaine des Collettes – tourisme.cagnes.fr

Il domaine des Collettes è divenuto casa-museo di Renoir, dove poter ammirare diverse opere del maestro – 14 tele e 40 sculture – oltre che il suo atelier e quegli oggetti che gli hanno permesso di dipingere sino ai suoi ultimi giorni.

Ma il domaine des Collettes è molto di più, perché custodisce uno splendido giardino, dominato da olivi secolari. È in questo spazio naturalistico che Renoir respirava la bellezza della natura, tra mare e paesaggi collinari. Un luogo dove il tempo appare sospeso e dove aleggia lo spirito creativo di Renoir.

Tra gli eventi da non perdere:

La 21° edizione del “Rendez-vous aux jardins”, dal 31 maggio al 2 giugno 2024, presso il giardino del Musée Renoir, un’occasione per scoprire l’amore creativo di Pierre Auguste Renoir verso la natura.

Seconda tappa, Nizza: Berthe Morisot

Berthe Morisot viene ricordata per essere stata la prima e più importante donna appartenente al movimento Impressionista, che lei stessa ha contribuito a sviluppare nonostante i numerosi ostacoli e stereotipi che ha dovuto superare. Nelle sue opere ha esplorato la vita familiare e quotidiana della borghesia francese, ma anche la bellezza dei giardini e il mondo femminile. Il suo legame con la Provenza lo ritroviamo nei soggiorni in Riviera da lei compiuti tra il 1881 e il 1882 e poi ancora tra il 1888 e il 1889.

Tappa prediletta Nizza. Non a caso, questa modaiola città della Costa Azzurra le dedica un’esposizione dal 7 giugno al 29 settembre 2024, presso il Musée des Beaux-Arts Jules Chéret (33 avenue des Baumettes).

Berthe Morisot, a Nizza, è rimasta affascinata dal suo porto e dalla sempre famosa Promenade des Anglais. Per poi scoprire, durante il suo secondo soggiorno, le colline attorno alla città

Tra i quadri presenti nell’esposizione niçoise vi sono, per esempio, La Plage de Nice, Le Port de Nice (entrambi del 1882), e poi La cueillette des oranges à Cimiez del 1889.

Terza tappa, Antibes: Claude Monet

Nel 1888, Claude Monet soggiornò a Cap d’Antibes. A impressionarlo fu l’intensità, quasi irreale, dei giochi di luce. Una luce del Midi diversa rispetto a quella del nord della Francia. Per questo, Monet affermò che “Qui, bisognerebbe dipingere con dell’oro e delle gemme”.

Il forte di Antibes

Nel corso delle sue vacanze in Riviera, Monet dipingeva al mattino e nelle ore pomeridiane per immortalare su tela i cambiamenti della luce che avvolgeva un paesaggio tra il blu del mare e il verde dei pini.

Mutamenti nella luce che si riverberano sulle mura della città-vecchia, sulle foglie degli alberi e sui movimenti delle onde marine.

Da qui, la creazione di quadri come Antibes effet d’après midi, o ancora Antibes vue de la Salis, e Antibes, le matin.

Quarta tappa, Aix-en-Provence: Paul Cézanne

“L’impressionismo è la mescolanza ottica dei colori: io devo spingermi oltre.
Ho voluto fare dell’impressionismo qualcosa di solido e duraturo.”

Per comprendere la genialità dell’arte di Cézanne consiglio di visitare il suo atelier-museo a Aix-en-Provence. Sebbene la coltre del tempo abbia lasciato i suoi segni, nell’atelier si percepisce ancora la sua presenza. Tutto incominciava e terminava qui, intervallando l’inizio e la fine con le sue scoperte di Aix e della natura circostante, in primis della Montagna Sainte-Victoire, ritratta in ben 44 pitture a olio e 43 acquarelli. All’interno dell’atelier si possono osservare quegli oggetti quotidiani cari al pittore, molti dei quali lo hanno ispirato per le sue tele, come vasi, ceramiche, fiori di carta e di stoffa.

Cézanne partecipò alla prima mostra indipendente degli Impressionisti nel 1874 con l’opera “La casa dell’impiccato a Auvers”.

La casa dell’impiccato a Auvers
Le rocher rouge

Tuttavia, Cézanne si distaccò presto da tale movimento, sostituendo l’interesse verso i fenomeni percettivi della luce e del colore, con una maggiore attenzione verso la spazialità, attraverso forme e volumi.

A ispirarlo certamente il paesaggio cubista di Les Carrières De Bibémus, alla periferia di Aix.

Un altopiano roccioso di 7 ettari, sfruttato un tempo come cava di pietre per i monumenti e poi abbandonato. Cézanne scoprì questo luogo durante una delle sue passeggiate e ne rimase talmente colpito da plasmare il nuovo movimento post-impressionista-cubista, come testimonia l’opera “Le rocher rouge”.

Quinta tappa, Avignone: Alfred Sisley, Edgar Degas

In quest’ultima tappa visitiamo il Museo Angladon – Collezione Jacques Doucet, situato nel cuore della città, in un edificio del XVIII secolo.

In questo spazio sono ospitate alcune opere di vari Impressionisti, come Paysage de neige à Louveciennes di Alfred Sisley, e Deux danseuses di Edgar Degas. E poi troviamo Nature morte au pot de grès di Paul Cézanne.

E per oltrepassare i confini dell’Impressionismo, da non perdere all’interno del Museo Angladon le opere di Picasso, Modigliani, Van Gogh, Derain.

testo Silvia C. Turrin

Il villaggio di Lacoste, tra marchesi, haute couture e storie di valdesi

Tra Bonnieux e Ménerbes, nel cuore del Luberon, si trova il villaggio di Lacoste, inscindibilmente associato a un nobile noto per la sua condotta immorale. Il riferimento va naturalmente al marchese Donatien-Alphonse-François de Sade, nato a Parigi nel 1740, la cui vita sregolata – tra processi, condanne e carcere – e i cui scritti lo hanno reso famoso.

Ancora oggi, il suo nome, de Sade, evoca immagini di depravazione e di oltraggio al pudore e al buon costume. Eppure, nonostante “il divin marchese” avesse trascorso molti anni della sua vita tra prigioni e manicomi, riuscì a creare un’impressionante letteratura, composta da romanzi, racconti, opere teatrali e carteggi.

Il castello di Lacoste fu per lui un rifugio dalle follie che lo circondavano, tra Ancien Régime e Rivoluzione. Grazie a un lascito, il castello nel 1716 passò di proprietà a suo padre, Gaspard François de Sade, che ricevette questa eredità dalla cugina Isabelle Simiane.

Cinquant’anni dopo, Louis-Aldonse Donatien lo restaurò e divenne per lui una sorta di rifugio, dove “ritirarsi” a seguito di scandali e condanne promulgate a Parigi. In questo rifugio promosse la realizzazione di un teatro, che poteva ospitare sino a 120 spettatori. Uno spazio che alimentava scrittura e fantasie.

Ma la Rivoluzione Francese portò distruzione persino qui. Il castello cadde in rovina e nel tempo passò nelle mani di vari proprietari, incluso un muratore di Lacoste che utilizzò le sue pietre per costruire altre case nel villaggio.

Solo un professore, André Bouer, nel 1952, una volta ottenuta la proprietà, cercò di restituire al castello un aspetto di dignità e grandezza. Promosse quindi una serie di restauri.

Nel 2001, il castello passò nelle mani del noto stilista Pierre Cardin, che riuscì definitivamente a ridare notorietà e bellezza all’edificio caro al marchese de Sade.

Il Castello è divenuto sede di un Festival che porta il nome del noto stilista di origine italiana. Giunto nel 2024 alla sua 23ᵃ edizione, il Festival mette in scena varie espressioni artistiche: dalla musica al teatro, passando per film e cortometraggi. Eventi che in qualche modo riportano nel presente la passione per le arti e per l’immaginazione del marchese de Sade.

All’esterno del Castello si possono ammirare sculture contemporanee, alcune delle quali rievocano ancora la figura tormentata e censurata  di Donatien-Alphonse-François de Sade.

Storie di Valdesi

Nel villaggio di Lacoste vi è un tempio, edificato tra il 1883  e il 1885, grazie al quale è possibile risalire alla storia dei Valdesi e dei protestanti. Una storia scandita da soprusi, ma anche da periodi di tolleranza. Già a partire dal 1400, si hanno notizie di una comunità valdese nella zona. Dopo casi di terribili massacri a danno dei valdesi, nel 1598, Enrico IV firmò il famoso Editto di Nantes, attraverso il quale è proclamata religione ufficiale quella cattolica, ma è anche accordato ai protestanti di celebrare liberamente la loro fede.

Nel 1648 e poi ancora nel 1658 furono organizzati congressi di protestanti provenzali proprio a Lacoste. Ma con Luigi XIV la situazione mutò in peggio, tanto che su ordine dello stesso sovrano venne distrutto luogo che fungeva da luogo di culto per i valdesi. Con l’editto di Fontainebleau (1685), Luigi XIV bandì dal regno di Francia la religione protestante. Si dovette aspettare quasi la fine del XIX secolo per vedere nuovamente rispettato il culto protestante e valdese.

Oltre a Lacoste, nel Luberon ci si può addentrare nella tormentata storia dei valdesi anche in altri villaggi, come Mérindol, dove sorge “La Muse”, un centro di studi dove è possibile ripercorrere le vicende dei valdesi. Merita una tappa anche Cabrières d’Avignon, dove si rifugiò, durante le terribili giornate del 1545, un gruppo di valdesi capeggiati da Eustache Marron.

TESTO E FOTO di Silvia C. Turrin

Venasque e il suo splendido Battistero

L’arrivo della Primavera porta con sé la voglia di viaggiare. E cosa c’è di meglio che scoprire la Provenza fuori stagione? (Perché la primavera rimane un “fuori stagione”, poiché non c’è – fortunatamente – ancora il flusso turistico tipico dei mesi estivi).

Una meta che consiglio  è Venasque, villaggio medievale arroccato sui Monts de Vaucluse, incluso nella lista dei borghi più belli di Francia.

A renderlo speciale sono almeno tre elementi: la sua posizione, le vestigia medievali e lo splendido battistero.

Siamo nel Dipartimento del Vaucluse, non distanti da Carpentras, né da Avignone. Venasque è abbarbicato su un picco roccioso, circondato da un paesaggio naturale meraviglioso.

In Primavera la natura circostante si rivela nel suo massimo splendore, grazie alla fioritura degli alberi da frutto, in particolari dei ciliegi. Non mancano vigneti e ulivi. E poi, in lontananza si erge il Mont Ventoux.

Una storia tra papato e crociate

La storia di Venasque è legata a quella del “Comtat Venaissin”, antico Stato pontificio fondato nel Medioevo nel 1274 e dissolto nel 1791. Secondo le fonti, è stato proprio il nome del villaggio a dare la denominazione al Comtat Venaissin.

Nel 1125, Venasque passò ai conti di Toulouse, ma nel 1229, nel corso della Crociata contro gli Albigesi, Raymond VII di Toulouse venne sconfitto dall’esercito del Re di Francia e dagli stessi crociati.  Il Comtat Venaissin venne ceduto al Papato, che lo ha controllato sino a quando fu annesso allo Stato francese, nel 1791.

Venasque e i suoi dintorni, attraverso importanti vestigia, narrano di queste vicende storiche.

Il fervore religioso aleggia in molti luoghi. Fu qui che un gruppo di vescovi, fuggiti da Carpentras durante le invasioni barbariche, tra il VI e il X secolo, si rifugiarono e costituirono una sede episcopale. La chiesa di Venasque, classificata “monumento storico nazionale”, ha uno stile romanico-provenzale. Al suo interno vi sono opere della Scuola di Avignone, datate 1498.

Ma il luogo che merita una visita è il Battistero, anch’esso classificato “monumento storico nazionale”. Un sito intriso di storia e di sacralità. Secondo alcune fonti, la zona di Venasque sarebbe stata cristianizzata nel V secolo, e proprio questo battistero (anche definito “Merovingio”) rappresenta uno dei siti di culto più antichi di Francia.

La zona, ancora prima della cristianizzazione, era avvolta da spiritualità; qui, infatti, sorgeva un tempio romano dedicato a Venere; altre fonti affermano che l’edificio, un tempo, fosse consacrato a Diana, altre ancora a Mercurio e, in questo caso, non sorprende trovare all’interno del battistero i resti di un altare votivo pagano dedicato proprio alla divinità mercuriale.

Si nota anche la statua di San Siffrein, monaco di Lérins, divenuto vescovo. Secondo alcune tradizioni, Siffrein, nel VI secolo, fece costruire tre chiese, una delle quali dedicata a Giovanni Battista e quella chiesa sarebbe proprio il battistero di Venasque.

Ciò che colpisce del Battistero è la sua struttura ben conservata. Al suo interno, vi è la vasca, fonte battesimale.

I lati della vasca sono otto e come viene spiegato dai resoconti locali, il numero otto è simbolo della Risurrezione di Cristo. Si collega quindi alla Pasqua: la domenica pasquale segue i sette giorni della settimana ebraica che ricorda la Creazione. La Domenica di Pasqua viene dunque considerata come l’ottavo giorno ed evoca l’inizio di una nuova Creazione. E qui c’è tutto il simbolismo di questo luogo: il battezzato scende nella vasca ed è immerso, a livello simbolico, nella morte di Cristo, e risuscita con lui a nuova vita.

testo e foto Silvia C. Turrin