Domenica 29 novembre si celebra la prima giornata di Avvento.
In questo periodo, numerose persone sono più portate a riflettere in merito al materialismo, ai contatti umani virtuali e alle relazioni artificiali; alcune persone giungono alla conclusione che la “realtà” è molto più complessa, molto più viva, molto più straordinaria di quanto talvolta viene descritta e di quanto spesso si pensi. C’è ancora fortunatamente spazio per la compassione, per l’altruismo e per gesti disinteressati.
In questo periodo si cerca più profondità andando oltre la superficie, si cercano interrelazioni vere, sane, non artificiose come accade nel web e nei social, si cerca la qualità allontanandosi dalla banalità, si anela all’etica sganciandosi dall’estetica.
Allo stesso tempo, per svariate ragioni in alcuni individui è estremamente forte l’avversione verso questo tempo dell’anno, verso il Natale e tutto ciò che ruota attorno ad esso. Ogni momento, ogni esperienza rimane, come il Natale, qualcosa di soggettivo e la stessa esperienza cambia a seconda della propria prospettiva, a seconda dei propri confini mentali (se stretti o ampi), a seconda dell’angolazione da cui si guarda e si vive.
In svariati angoli del mondo, se tralasciamo le tendenze consumistiche insite in tanta gente, il Natale è sinonimo di festa, di gioia, di introspezione, di spiritualità, di meditazioni.
Con la prima domenica d’Avvento inizia quel tempo che in Provenza viene chiamato calendal, come avevamo già avuto modo di raccontare lo scorso anno (nel post L’Avvento in Provenza, l’inizio del tempo calendal). Le settimane che precedono il Natale sono scandite in Provenza da marchés de Noël, marché paysan e artisanal, concerti di musica sacra, corali con musiche tradizionali, crèches (presepi) con al centro i famosi santons (statuette d’argilla di Natale), alberi addobbati, feste delle luci, preghiere e altro ancora…
Nei campi si continua a lavorare, arare e tra i vitigni c’è ancora fermento anche se il tempo di vendemmie è finito da un po’. Afferma infatti un detto tradizionale:
“La Luna dell’Avvento fa bere ogni momento” (in realtà, la traduzione più corretta dal francese di questo detto sarebbe “fa bere più spesso”, ma non avremmo trovato la rima).
Con questo proverbio si intende dire che: il contadino che taglia la sua vigna con luna dell’Avvento produrrà più grappoli d’uva, quindi più vino.
La prima importante festa dell’Avvento si festeggia il 4 dicembre, il Giorno di Santa Barbara. Questa data è ancora molto sentita in Provenza, tanto che per le strade di diverse città, piccole e grandi, si vedono venditori di semi di grano.
Si dice infatti che:
“Ce jour là on sème du blé dans trois soucoupes pour garnir la table du gros souper”
Diffusa è la tradizione di seminare del grano in tre piccoli contenitori o piattini, dove prima è stato posizionato del cotone inumidito. Nei giorni e nelle settimane seguenti si mantiene l’umidità e durante la giornata i tre contenitori si mettono al sole o vicini a una fonte di calore. Il grano è simbolo di vita e simboleggia il soffio vitale, dono di Dio.
Se il grano cresce in abbondanza e rigoglioso sarà di buon auspicio per l’anno che verrà.
Il grano di Santa Barbara lo si può notare anche nei presepi delle Chiese e, più diffusamente, sulle tavole imbandite di Natale.
Il grano una volta essiccato non lo si getta, ma lo si conserva, poiché secondo la tradizione avrebbe il magico potere di proteggere la dimora dalle tempeste, del cielo e della vita…
Silvia C. Turrin