Agosto in Provenza – prima tappa: Les Baux-de-Provence

Quali tappe provenzali scegliere nel mese d’Agosto? 💜

Me lo hanno chiesto tante volte in passato e me lo chiedono ancora svariate persone, vista la mia conoscenza – comunque non esaustiva – di quella vasta e variegata splendida terra (itinerari che trascrivo, quando posso, in questo spazio web, sulla pagina FB e nei libri/articoli).

Tra i suggerimenti che mi piace dare vi è la seguente meta, per me imperdibile, ovvero Les Baux-de-Provence, nel dipartimento del Bouches-du-Rhône. Un borgo considerato tra i paesi più belli di Francia.

Les Baux-de-Provence ammalia il visitatore persino in lontananza, grazie alla singolare posizione arroccata su uno sperone roccioso, da cui si osserva la vallata delle Alpilles.

Da lontano, le rovine della vecchia città sembrano confondersi con la roccia sottostante, dalle insolite forme, create dalla forza degli elementi, vento e acqua.

Un sito decantato da poeti e da letterati, tra cui Fréderic Mistral che scrisse: “Di Baux, io farei la mia capitale”.

Percorrendo le sue viuzze si ammirano antiche dimore le cui pietre raccontano il passato locale databile sin dal X secolo. Passeggiando è inoltre facile incontrare artisti di strada – come i suonatori di organetto di Barberia (a rullo o a cartone) – che divertono piccoli e grandi coi loro racconti in musica.

Lungo il percorso, ai lati delle vie, si incrociano caratteristici negozietti, dove scoprire oggetti in ceramica, profumati oli essenziali, tessuti tipici provenzali e prodotti locali come erbe aromatiche, tapenade nera e verde, focacce, vini della Valle di Baux che hanno ottenuto l’Appellation d’origine contrôlée (AOC).

A Les Baux domina su tutto l’antico castello arroccato su un contrafforte roccioso da cui si ammirano le valli di Entreconque e della Fontaine. La sua storia è segnata da tragedie e trionfi. Audaci e orgogliosi furono i signori di Baux che riuscirono a mantenere la loro autonomia sia dalle mire espansionistiche catalane, sia dai tentativi di assimilazione al resto dell’allora Regno di Francia.

Anche qui, come in molti villaggi della Provenza, si narrano leggende. Una delle più note è quella che fa discendere gli antichi principi di Baux a uno dei Re Magi, ovvero Baldassarre. Una presunta genealogia che li spingeva a non cadere mai vassalli di altre corti. Solo col cardinale Richelieu, l’antica cittadella venne presa di mira e schiacciata nel 1632 dall’armata di Gaston d’Orléans. Dopo una difesa eroica durata 27 giorni, le antiche mura furono abbattute e lo splendore della città compromesso.

Per fortuna, grazie alle liriche di scrittori come Mistral e Daudet, nonostante le sue rovine, Les Baux ha continuato a destare interesse, prima economico – con la scoperta nelle zone limitrofe di importanti giacimenti di bauxite – poi turistico-culturale, grazie alla valorizzazione delle tradizioni e della storia locale.

Se si sceglie di visitare Les Baux in luglio si vedono le vestigia medievali circondate da un tappeto blu-viola della lavanda in fiore. Un paesaggio cromatico che contrasta con il chiarore della roccia e del bianco viale, che conduce alla parte più elevata del sito.

P.S. Se soffrite la calura estiva… andateci a settembre o ancora meglio a ottobre, quando i turisti diminuiscono (anche se non mancano nemmeno nei periodi fuori stagione), e diminuiscono pure le temperature 🙂 sebbene possa capitare che persino a ottobre si riescano ancora a indossare abiti estivi. Ahimè, effetto “global warming“…

Testo e foto Silvia C. Turrin – Provenza da Scoprire

Olio, olive e borghi provenzali – Aureille

Storie, leggende, simbolismi ruotano attorno alla nascita dell’olivo, alla sua coltivazione e al cosiddetto “oro liquido” che viene prodotto dai suoi frutti.

L’albero dell’olivo è da sempre considerato simbolo di spiritualità, di abbondanza, di vita eterna e di pace.

La Provenza è tra le aree del Mediterraneo definite “terra dell’olivo“. Anche nel Midi francese è millenaria la tradizione dell’olivicoltura. E nelle Alpilles l’ulivo è un albero-simbolo.

Oltre 300mila ulivi puntellano le Alpilles e grazie a tanti frantoi viene estratto un nettare prezioso, amato in tutto il mondo.

Abbiamo già parlato di Mouriès, considerata la capitale dell’olio d’oliva. Addentrandosi nel tipico paesaggio olivicolo mediterraneo-provenzale, scopriamo la bellezza di questa zona, resa ancor più speciale grazie alla presenza delle Alpilles. Questo itinerario, fuori dalle solite rotte del turismo di massa, ci porta a Aureille.

Aureille è un punto di passaggio per la Camargue e la vallata di Baux. Questo piccolo villaggio circondato da uliveti, conserva le rovine di un antico castello del XII secolo, testimonianza di un passato che univa il paese alla vecchia repubblica di Arles.

Il legame con la regione della Camargue è ancora tangibile in occasione delle numerose feste che si organizzano a Aureille e dintorni, molte delle quali associate alla tradizione della tauromachia, come gli abrivados e le courses camarguaises.

Ad Aureille troviamo un bel mulino a olio costruito nel 1980. Tuttavia, sebbene sia moderno, i metodi lavorativi si rifanno addirittura a quelli impiegati già dai Romani. L’olio viene estratto ancora in modo artigianale, utilizzando tre macine per schiacciare le olive. Dopo aver ottenuto una pasta, questa viene stesa su piccoli tappeti, già in uso nell’antichità, che vengono poi impilati. Alla fine avviene la spremitura in una delle due grandi presse.

Lungo la “strada dell’ulivo” merita una tappa anche Eygalières, caratteristico villaggio delle Alpilles le cui vie nascondono oratori antichi, fontane e lavatoi.

Da non perdere a Eygalières, una visita a Saint Sixte, cappella romanica ubicata nella zona più alta del borgo. Grazie alla sua posizione panoramica, Saint Sixte è diventata un luogo di pellegrinaggio sia religioso, sia naturalistico.

Testo Silvia C. Turrin

Foto: si ringrazia l’ufficio del turismo delle Alpilles

Arles tra spiritualità e antiche tradizioni

Arles è una delle città provenzali di cui non si finisce mai di raccontare, talmente è ricca di storia, arte, folklore. In questo spazio web dedicato a quella Provenza che amo scoprire e narrare, ho già avuto modo di condividere varie suggestioni legate a questo centro urbano sospeso tra Spagna e Francia. Si vedano per esempio itinerari che portano:

Qui voglio raccontarvi il lato sacro, ma anche “profano”, di questo centro provenzale crogiolo di popoli e culture.

La cattedrale di Saint-Trophime

L’edificazione della Chiesa di Saint-Trophime si realizzò partendo da un preesistente edificio di culto consacrato al protomartire Santo Stefano. Nel 1152 le reliquie di San Trofimo vennero traslate nella nuova cattedrale. Tra il XV secolo e il XVII secolo, l’edificio venne ancora in parte modificato: tre delle originarie absidi furono sostituite con un deambulatorio e con cappelle in stile gotico radiante; inoltre, vennero aggiunti balconi con balaustre e nuove porte a frontoni sulla facciata.

Durante la Rivoluzione francese, la Chiesa di Saint-Trophime venne trasformata in tempio della Ragione e molti dei suoi elementi interni subirono danni.

La cattedrale rimane uno dei simboli di Arles, soprattutto per il suo straordinario portale ovest, in stile romanico figurativo, tra i più importanti della Provenza, su cui è rappresentato il Giudizio universale. Troviamo nel timpano del portale il Cristo racchiuso in un guscio di mandorla, circondato dai quattro evangelisti e adorato dagli angeli dell’archivolto.

Nel registro dell’architrave sono raffigurati i dodici Apostoli, con al centro San Pietro e San Paolo, mentre più in basso, un altro registro riproduce l’Annunciazione, il sogno di Giuseppe e la Natività, e ancora accanto nella parte più a sud si vede l’annuncio a tre pastori, mentre a nord vi è l’immagine di Erode che ordina ai soldati il massacro degli innocenti, e di fianco si vede la fuga della Sacra Famiglia in Egitto.

Ritroviamo inoltre, sotto le colonne, scene dell’Antico Testamento che annunciano la passione e la resurrezione del Cristo. L’interno della cattedrale di Saint-Trophime conserva preziosi affreschi, come La lapidazione di santo Stefano e L’Annunciazione (datati entrambi 1614) del pittore fiammingo Louis Finson, e poi opere risalenti al Rinascimento e al periodo classico.

Nella Cappella della Vergine si erge la statua in marmo (alta quasi due metri) di Nostra Signora delle Grazie creata nel 1618 dallo scultore italiano Leonardo Mirano. Altrettanto notevole è il chiostro, posto a sud della cattedrale, caratterizzato da arcate, colonne e pilastri, su cui sono rappresentate scene che rimandano alla vita di Gesù.

La corsa camarghese

Ad Arles e in tutta la Camargue sono molto popolari i giochi chiamati course camarguaises, che si svolgono nelle arene. L’origine di questa sorta di “corrida provenzale” trova echi nell’antica tauromachia tipica della civiltà cretese (o minoica).

Il primo gioco documentato ad Arles risale al 1402. Negli spettacoli organizzati in Camargue, il cosiddetto raseteur, ossia l’uomo, vestito di bianco, che affronta il toro, deve strappare la coccarda, cioè un piccolo nastro rosso inserito tra le corna – dalla tipica forma di lira – dell’animale (ecco perché questa corsa è anche chiamata della coccarda).

Il raseteur deve dimostrare non tanto la forza, quanto piuttosto velocità e destrezza per avvicinarsi al toro e recuperare con grande agilità e coraggio il nastro rosso. Tali corse, che non prevedono l’uccisione dell’animale (nemmeno per la sua carne, poiché è allevato solo e unicamente per partecipare a questo evento), sono talmente apprezzate e seguite che è stata fondata la Federazione francese delle Course Camarguaises. Inoltre ad Arles esiste una scuola ad hoc dove vengono preparati i futuri raseteur. Queste non sono solo feste pubbliche, ma anche tradizioni che vengono proposte durante i matrimoni.

Testo e Foto di Silvia C. Turrin



per approfondire
Arles Camargue Tourisme