Puimoisson, piccolo borgo tra storia e campi di lavanda

Giugno è un mese ideale per scoprire nuovi angoli della Provenza. Lontani da smog, traffico e frenesia, ci immergiamo nei paesaggi delle Alpi dell’Alta Provenza.

Percorrendo la D953 facciamo tappa a Puimoisson, un villaggio quasi “fantasma”, immerso nella meravigliosa natura del plateau di Valensole.

Le origini di questo piccolo borgo risalgono all’epoca gallo-romana. Qui, durante il Medioevo, fu influente l’Ordine di Malta, al quale il conte di Provenza concesse, nel 1150, il villaggio di Saint Michel de Puimoisson (come all’epoca veniva chiamato) e poi ancora il territorio di Telle e quello di Maroue.

Proprio in questa zona, l’Ordine di Malta divenne talmente potente da edificare un imponente castello, dotato di otto torri da cui si poteva dominare tutto l’altopiano di Valensole.

Di quella grandiosa opera – che fungeva non solo da palazzo per i Cavalieri dell’Ordine di Malta, ma anche da convento per i religiosi e da ospedale per i poveri – non rimane altro che la chiesa. Piccolo e semplice edificio, al suo interno si possono ammirare preziosi dipinti medievali e due cappelle votate a san Rosario e a san Giuseppe.

Patrono di Puimoisson è Saint-Éloi (588-660), noto, in particolare, per essere stato al servizio di re Dagoberto. Il Santo è patrono dei fabbri, dei maniscalchi, carrettieri e aratori, nonché protettore di muli, asini e cavalli.
Divenne patrono di Puimoisson nel Medioevo. A lui è dedicata una delle feste più popolari del villaggio, che si celebra nel mese di luglio.

Passeggiando per le sue viuzze antiche, a tratti decadenti, si entra nel cuore di Puimoisson. Il centro storico è quasi deserto, perché si anima solo il giorno di mercato o in occasioni di particolari ricorrenze e feste.

Les calades – Questa via in pendenza pavimentata con ciottoli del fiume Durance, serve a rallentare il deflusso dell’acqua piovana durante i violenti temporali estivi. In vari luoghi della Provenza si trovano numerose calades.

Occorre alimentare l’immaginazione per fare un salto nel passato e rivivere con la fantasia quel fermento che vi era all’epoca dei Cavalieri dell’Ordine di Malta.

Un tempo scandito da un via vai di genti che si fermavano alle tante fontane del villaggio, ognuna destinata a uno specifico utilizzo: vi era la fontana per lavare gli abiti, quella per lavare frutta e verdura, un’altra ancora faceva scorrere acqua da bere, un’altra fungeva da lavatoio per i malati.

Queste immagini di vita intensa appartengono al passato. Come accade a tanti piccoli borghi, lo spopolamento è la spada di Damocle contemporanea.

A Puimoisson sopravvivono vestigia delle mura che, in età medievale, circondavano il villaggio, in particolare due antichi ingressi che permettevano di accedere al borgo. 

Troviamo ancora una porta detta “di Riez”, così chiamata poiché conduceva all’omonimo villaggio, percorrendo l’antico cammino che attraversava la parte bassa del villaggio. L’altra porta, di cui rimangono alcune vestigia, rappresentava il passaggio in direzione di Moustiers.

Puimoisson ha saputo riprendere la sua vocazione agricola dopo le violente tempeste, avvenute nel luglio 1828, nell’aprile 1831 e nel maggio 1833. Eventi impetuosi che hanno devastato case e danneggiato pesantemente i campi di grano, i vigneti e le piantagioni di mandorlo.

Silvia C. Turrin

Moustiers-Sainte-Marie e Notre-Dame de Beauvoir

Conosciamo un altro volto della regione provenzale varcando la soglia di una zona dove terra e acqua sono gli elementi primigeni, indispensabili per l’uomo nelle sue attività, così come per la fauna e la flora che popolano l’ecosistema.

Entriamo nel dipartimento delle Alpi dell’Alta Provenza e ci immergiamo nelle atmosfere di Moustiers-Sainte-Marie. Avevamo già avuto modo di parlare di questa cittadina, raccontando della tradizione artigianale legata alla lavorazione della faïence.

Moustiers-Sainte-Marie è molto altro.

Notre-Dame de Beauvoir e la leggenda della stella

Notre-Dame de Beauvoir – foto Silvia C. Turrin

Arroccato sopra un promontorio tra alti cipressi si ammira il sito sacro chiamato Notre-Dame de Beauvoir. Ogni anno attira migliaia di fedeli e di visitatori. Edificato sul finire dell’anno 1100, questo antico santuario è l’emblema religioso di Moustiers per la sua suggestiva posizione e per il simbolismo che esso racchiude.

Il pellegrinaggio a Notre-Dame de Beauvoir ha origini molto antiche. Migliaia di devoti vi giungevano per pregare la Vergine Maria, i cui miracoli erano conosciuti anche oltre i confini provenzali.

È proprio in riverenza a Maria che, secondo la leggenda narrata da Fréderic Mistral nell’opera Les îles d’Or, il cavaliere Blacas, crociato imprigionato dai Saraceni, aveva appeso una stella d’oro tra le due rocce dominanti Moustiers, suo paese natale.

Quella stella d’oro, sospesa nell’aria, che caratterizza il villaggio è dunque un ex-voto dedicato alla Vergine Maria, poiché le preghiere del crociato furono esaudite e la promessa mantenuta: una volta libero, riuscì a ritornare in patria e a compiere il suo voto.

Maggiori dettagli su questa storia potete leggerli nel libro “Viaggio in Provenza e Occitania. Tra storia, misteri, borghi antichi e lavanda” (disponibile in tutte le librerie online, inclusi IBS e Youcanprint).

Infatti, nella sezione dedicata a Moustiers-Sainte-Marie si racconta della leggenda della stella, sospesa da una catena in mezzo alla gola tra le due falesie che circondano il borgo provenzale. Nel libro si approfondiscono anche le vicende che ruotano attorno al misterioso Cavaliere Blacas d’Aups, fatto prigioniero in Terra Santa al tempo della VII crociata (1249).  

La famosa stella di Moustiers-Sainte-Marie – Foto Silvia C. Turrin

I miracoli attribuiti alla Vergine

Il percorso per raggiungere Notre-Dame de Beauvoir permette di entrare in contatto con la natura, udendo al contempo gli echi della storia e dei tanti devoti giunti a Moustiers per onorare la Vergine Maria.

Notre-Dame de Beauvoir in lontananza – foto Gianni Turrin

Una volta giunti alla cappella si può ascoltare la pace del luogo. Fino al XII secolo, il santuario si chiamava Notre-Dame d’Entre-Roches, ma fu cambiato per i miracoli attribuiti alla Vergine. La stessa Chiesa incoraggiò il pellegrinaggio attraverso indulgenze ai fedeli.

Secondo la storia locale, molte madri, soprattutto nel XVII secolo, vi portavano i loro bimbi morti alla nascita, perché qui, miracolosamente, resuscitavano e rimanevano in vita per qualche minuto, solo il tempo per venire battezzati.

Consiglio finale

Moustiers-Sainte-Marie è un’ottima base per scoprire il Parco Naturale Regionale del Verdon, per la sua posizione ubicata proprio al centro di questo territorio protetto, unico nel suo genere.

Silvia C. Turrin

Alla scoperta del Priorato di Salagon

I colori caldi dell’Autunno ci portano alla scoperta del dipartimento delle Alpi dell’Alta Provenza. Facciamo tappa in un luogo dove storia, archeologia e sentieri botanici si intrecciano per dar vita a un luogo speciale, ovvero il Priorato di Salagon.

Situato alla periferia della cittadina di Mane, questo museo etno-botanico non solo è costituito da spazi didattici che raccontano antichi mestieri, ma anche da una chiesa un tempo priorato benedettino. Entrarvi significa conoscere le vicende religiose, gli usi, le tradizioni sociali che hanno caratterizzato un po’ tutta la Provenza.

All’entrata del Museo è meglio richiedere l’audioguida – disponibile anche in italiano – per conoscere i vari dettagli etno-botanici di Salagon. Ciò che in primis si ammira è la chiesa nella tipica arte romanica provenzale, il cui aspetto è stato ricostruito più volte a causa delle alterne vicende che l’hanno contrassegnata: da priorato dell’abbazia benedettina di Sant’Andrea di Villeneuve-lès-Avignon divenne residenza di campagna verso la fine del XV secolo, quando i monaci abbandonarono l’edifico; poi ancora venne utilizzata come granaio.

Nel 1857, grazie all’abate Giovanni, parroco di Mane, l’antico priorato medievale ritrovò il culto originario, ma altre vicissitudini irruppero. Solo a partire dal 1981 un nuovo progetto ha preso vita: la creazione di un museo del patrimonio etnologico dell’Alta Provenza che ha visto la luce nel 2000.

In questi anni, l’antico Priorato di Salagon ha saputo affermare la sua vocazione etno-botanica grazie alla creazione e valorizzazione di un ampio percorso formato da giardini di diverso tipo. Particolarmente interessante è per esempio il giardino medievale, realizzato prendendo spunto da fonti storiche, quali: miniature, libri contabili dell’epoca, trattati, inventari. In Provenza, in epoca medievale, prima dei contatti con le Americhe, si trovavano coltivazioni di avena, orzo, vari tipi di farro e miglio, poi lenticchie, fave e altre leguminose ormai quasi scomparse dalle tavole moderne, come la cicerchia.

Camminando nel giardino si scoprono le piante medicinali, tra cui l’iperico e il cardo benedetto, già utilizzate durante il Medioevo, e poi le piante considerate magiche, come la verbena, ritenuta potente talismano contro i serpenti, e la misteriosa, quanto pericolosa mandragora. Altrettanto notevole è il giardino dei tempi moderni, molto ampio, situato proprio davanti all’ingresso della chiesa.

Visitando il Priorato di Salagon, oltre agli splendidi giardini, si ha la possibilità di osservare due mostre permanenti. La prima è dedicata agli antichi mestieri, come quello dei fabbri e dei maniscalchi; è stata ricostruita anche la fucina di Monsieur Raynaud, discendente di un’antica famiglia di fabbri, coi vari attrezzi utilizzati tra cui incudini e mantici. L’altra mostra permanente è incentrata sul mondo della lavanda a 360 gradi.

Si vedono enormi alambicchi usati per la distillazione, oggetti impiegati un tempo per la raccolta come il falcetto, e poi nelle teche vi sono immagini e fotografie che restituiscono al visitatore scene agricole di un’epoca in cui erano soprattutto le donne le abili raccoglitrici di questa preziosa pianta aromatica. Si scopre che furono i profumieri di Grasse, a partire dal XVII secolo, a valorizzare la lavanda, tanto da trasformarla nel principale ingrediente di molte essenze.

Presso il Priorato di Salagon vengono organizzati regolarmente laboratori didattici, soprattutto per le scuole, e poi seminari etnobotanici, conferenze, atelier dedicati al mondo delle erbe e delle piante.

testo e foto Silvia C. Turrin